Il fercolo (a Vara)
Di antica e robusta costruzione, poggia su due lunghe e pesanti travi, alla cui estremità vi sono fissati quattro grossi anelli (i Catineddi) in ferro.
Sulla parte superiore invece vi sono legate sei funi (i Lazzuni) di colore rosso.
Anelli e funi sono molto importanti per la guida e l’equilibrio del fercolo stesso.
Infatti, gli uni e le altre sono tenuti da devoti maturi e saggi, che ne vantano il possesso tramandato da padre in figlio, i quali con la loro bravura ed esperienza, fan sì che tutto proceda bene.
Un tempo, la processione del Santo veniva fatta con il fercolo antico, in legno pregiato, anch’esso molto pesante, in oro massiccio, ora posto sull’altare principale del Santuario dove viene collocata la statua del Santo Apostolo per tutto il resto dell’anno.
Reliquia di San Giacomo
La Città di Capizzi possiede la Reliquia più antica della Sicilia di San Giacomo Apostolo Maggiore, consistente in una giuntura di un dito del Santo.
I Mastazzola
Ogni anno alcune famiglie capitine, in segno di devozione verso il Santo, offrono ai portatori della “Vara” dei dolci tipici Capitini. L’ingrediente principale è il vino cotto accompagnato da diversi aromi.
I Miracoli
Il tradizionale rito di questi “miracoli” consiste nel percuotere vtiolenemente con l’estremità delle travi, dove poggia il fercolo, come un “ariete di guerra”, il muro di un’antica casa attigua alla chiesa di S. Antonio.
Il muro percosso da quegli urti veementi crolla e solo allora hanno termine i “Miracoli”.
Quando e come ha avuto inizio questo “rito” nessuno può saperlo con precisione, perché mancano i documenti storici.
Da sempre dicono i Capitini, San Giacomo ha fatto i “Miracoli”, attribuendo al “rito” un intervento soprannaturale.
Anzi a questi “Miracoli” era legata un’antica tradizione: quando le percosse al muro erano di numero pari, esse erano di buon auspicio sia per i frutti della terra come per tutto l’andamento dell’annata.
Invece le percosse in numero dispari portavano nel Paese: calamità, disgrazie, carestie e disastri d’ogni genere.
Oggi questa superstizione è scomparsa.
L’Aria Pirciata e la fuga dai Nicosiani
L’aia era un grande spazio aperto esposto alla tramontana dove venivano “pisati i regna di framientu”.
Era una delle più grandi aie della città. Tutto lo spiazzo a causa della presenza delle pietre forate viene denominato “Pirciata”.
Intorno al XVII secolo la città di Capizzi era invasa da un’epidemia di peste che aveva causato morti e lutti.
La gente animata dalla sua viva fede, si rivolse come sempre al suo Santo invocandone un aiuto imminente. San Giacomo, dopo tante e lunghe preghiere, apparve in tutto il suo fulgore (altro non poteva essere il figlio del tuono!) sul suo destriero bianco e sollevando in aria una spada fiammeggiante.
Con il suo intervento l’epidemia di peste ed ogni tipo di male scomparvero, facendo così ritornare la vita a Capizzi.
Si sostiene che l’evento sia accaduto realmente perchè il cavallo nella sua impetuosa corsa, avrebbe impresso su delle pietre poste nel luogo dell’impatto, i segni degli zoccoli.
Secondo un’altra storia, la sosta in questa località particolare è divenuta ancora più importante per la durata dell’avvenimento che vi ha avuto luogo. Sempre secondo la tradizione, il simulacro del santo sarebbe stato trafugato dai capitini da una chiesa del piccolo villaggio della contrada San Giacomo in territorio di Nicosia.
I nicosiani colti alla sprovvista dai capitini li inseguirono a colpi di “Biffiri”(grossi fichi).
Ma a quanto pare, il Santo era favorevole a lasciarsi portare a Capizzi; infatti questi tratteneva addosso i “Biffiri” maturi e faceva rimbalzare quelli più acerbi contro gli inseguitori nicosiani.
In questo luogo (l’aria pirciata) che guarda la valle sottostante fino alle falde del territorio nicosiano, i ladri in fugo e il Santo si sarebbero fermati a guardare i contadini derubati, e avrebbero, riposato ricevendo i primi conforti e aiuti dai capitini venuti loro incontro.
In effetti,qui, durante la processione, avviene il rito di propiziazione per le campagne e i portatori si riposano assaggiando qualche mastazzola (biscotti impastati con vino cotto), prima di affrontare la faticosa risalita di Via Libertà o San Leonardo nel quartiere Casalini
La fiera
Alla fiera di origine aragonese, da tempo rinomata e coincidente con i festeggiamenti in onore di San Giacomo, affluivano i prodotti artigianali e agricoli provenienti da tutta la Sicilia.
Nel 1780 Ferdinando III di Borbone vi aggiunse una fiera di bestiame la cui franchigia venne affermata nel 1803.
Nei tempi passati e fino agli anni ’70 questa aveva inizio il 21 Luglio per concludersi il 23.
Questi di solito erano i giorni caratterizzanti dal vento di tramontana e di scirocco che facevano sì che in piazza Mercato e nella località Timpe Russo si creassero i “Fuddietti”, dei veri e propri vortici di vento. Il 21 Luglio vi era l’affacciata.
Gli allevatori si presentavano con gli animali venuti da lontano e prendevano posto nei dintorni del paese in piazza Mercato e Timpe Russo.
Il 22Luglio aveva luogo la “fera china” durante la quale si vendeva l’animale al nuovo acquirente che veniva munito di un certificato anagrafico; quindi sull’animale veniva impresso un marchio a fuoco sulla spalla sinistra da parte dell’ufficio anagrafe bestiame del comune, mentre l’altro marchio veniva impresso da parte del proprietario sulla natica destra.
Il certificato anagrafico avrebbe accompagnato l’animale dalla nascita alla morte.
Il 23 Luglio era “u juornu da consegna”: il nuovo padrone tornava a marchiare l’animale sulla natica col suo marchio di famiglia, quindi gli veniva consegnato l’animale. Un elemento importante nella fiera erano i sensali-mediatori, persone abilissime che riuscivano a mettere d’accordo acquirente e venditore; ad affare concluso spettava loro la“sinsalia” cioè la percentuale sulla vendita.
Il Vessillo Aragonese
Tra le leggi ingiuste che affliggevano la Sicilia, vi era quello della tassa sulla fiera.
Ogni cittadino per accedere alla fiera con gli animali, era tenuto a pagare la tassa; questa pesava tanto, e in special modo su chi non riusciva a vendere nessun capo di bestiame.
Il re Pietro II d’Aragona, che aveva fatto del castello di Capizzi la sua residenza estiva, con un decreto regio dichiarò i cittadini esenti dalla tassa d’ingresso alla fiera, che si svolgeva durante i festeggiamenti in onore di San Giacomo; egli donò inoltre alla città il Vessillo con il suo stemma.
I capitini in segno di gratitudine per questa occasione, decisero di portare in processione ogni anno durante la festa di San Giacomo e precisamente il 22 Luglio, il Vessillo che tutt’oggi viene conservato nella chiesa Madre, fino al castello, là dove si ergeva la cappella reggia di Santa Maria Maddalena.
Processione delle Sante Reliquie
Anticamente il 24 Luglio era il giorno della penitenza, del digiuno e del viaggio.
Al giorno d’oggi alle ore 22.00 si svolge la processione delle Sante Reliquie con la partecipazione delle Confraternite di S. Bartolomeo martire, della Confraternita di San Giacomo e dei cittadini.
Un tempo vi partecipavano tutte le confraternite della città con le rispettive cappe, stendardi e bacchette.
La processione compie ancora lo stesso tragitto, dalla chiesa Madre fino al Santuario di S. Giacomo.
Le Reliquie racchiuse in una teca in artistico legno dorato e decorato sono: la giuntura del dito di S. Giacomo Apostolo Maggiore, il braccio di San Nicola di Bari, di Santa Lucia vergine martire, di San Sebastiano martire, di Sant’Antonio di Padova, di Sant’Antonio Abate, del venerabile capo di San Giovanni Battista, di San Bartolomeo Apostolo e un frammento del vero legno della Santa Croce.
All’arrivo della processione delle Reliquie, seguono i Vespri in forma solenne, in onore di San Giacomo.
Il Voto
Promessa fatta a Dio o ai Santi di una cosa che si ritiene essere loro gradita: è moralmente vincolante.
Perciò anche se trascorrono molti anni da quando la persona fa il proprio Voto, questa è tenuta a mantenere la promessa fatta.
Ma, a dire il vero, in determinate circostanze, il sacerdote può dispensare la persona dal Voto oppure cambiarlo.
I Voti più comunemente realizzati tra la popolazione consistono nell’offerta di torce di cera, tovaglie, provole di caciocavallo, denaro, capi di bestiame, mastazzola (caratteristici biscotti di farina impastati con vino cotto) e naturalmente la promessa del famoso viaggio.
Fino a non molto tempo fa era costume portare ex voto, un oggetto di cera che rappresentava la parte anatomica risanata tramite il miracolo; per la questua al posto del denaro, si donava un po’ di frumento o di farina.
Ma oltre ai Voti esteriori consistenti in qualcosa di materiale, sono molti i devoti del Santo che hanno dei voti interiori o perpetui come quello di non bestemmiare, o praticare il digiuno e la mortificazione.
Di sicuro il Voto che commuove maggiormente è il viaggio.
Questa antica tradizione, la cui finalità è di espiare i peccati da vivi per alleviare le sofferenze del purgatorio e al tempo stesso rendere grazie a Dio per la grazia ricevuta, perpetuata nella notte del 24, all’alba del 25 Luglio, consiste ne percorrere a piedi scalzi il lungo tragitto che il Santo il giorno 26 Luglio sorretto a spalle dai suoi devoti, compie per le strade della città toccando tutti gli edifici di culto esistenti e non.
Per tutto il percorso, i devoti pregano pronunciando certe formule tradizionali e recitando il Santo Rosario.
Non è raro scorgere alla fine del viaggio, alcune devoti che, in segno di penitenza strofinano la lingua dal portale della chiesa fino all’altare principale, dove si trova San Giacomo benedicente; questi, carponi sul pavimento della chiesa, strofinano la lingua senza arrestarsi, incuranti del dolore o della fuoriuscita di sangue.