PERIODO
Dal 1 al 26 Luglio
CONTATTI
Confraternita di San Giacomo Apostolo Maggiore
Piazza San Giacomo - 98031 Capizzi Me
Luogo
Capizzi (ME)
Dal 1 al 26 Luglio
Confraternita di San Giacomo Apostolo Maggiore
Piazza San Giacomo - 98031 Capizzi Me
Capizzi (ME)
Il giorno 26 è il giorno più atteso del ciclo festivo e il più ricco di azioni devote e di storia.
Alla conclusione della Santa Messa delle ore 11 hanno inizio i preparativi per la processione, con la sistemazione presso il Santuario de fercolo di San Giacomo, conservato per tutto l’anno nell’oratorio della Confraternita della Buona Morte.
Verso le ore 16, il Santo è trasferito dall’altare principale sulla vara; vengono sistemati tutti gli oggetti preziosi assieme ad un cuore di stoffa su cui viene appeso l’oro che alcuni fedeli donano come voto; si fissano i due angeli, uno alla destra del Santo e tiene il bordone, l’altro alla sinistra con in mano la palma e la corona del martirio.
Sopra la vara svettano altri 5 angeli. Infine si dispone l’urna ai piedi del Santo contenente le Reliquie.
Da li la cosiddetta “Antrata ‘a Ddauro” entrata dell’alloro. L’alloro successivamente fu utilizzato anche per la festa del Santo.
La storia narra che sant’Antonio, ammalato di malaria e provato dall’insuccesso della sua spedizione in Marocco, veleggiando verso il Portogallo, s’imbatté in una furiosa tempesta che lo abbandonò sulle coste della Sicilia: nel suo girovagare abbia sostato e riposato una notte intera nel luogo chiamato “U chianu a Cannedda”, territorio tra Caronia, Capizzi e Mistretta.
Numerosissimi sono i fedeli che a piedi scalzi o a cavallo intraprendono il lungo viaggio di 4/5 ore, attraverso i suggestivi boschi dei Nebrodi. Dopo la celebrazione Eucaristica e dopo la benedizione del Pane, biscotti di lievito e dell’alloro, i vari gruppi di fedeli si ristorano dalle fatiche del viaggio e banchettano in allegria.
Di pomeriggio vi è il rientro in paese con la sfilata di muli e cavalli, adornati a festa con foglie di alloro. Il giorno 3 Settembre, invece, come di consuetudine di mattina viene celebrata la celebrazione eucaristica con la partecipazione della Confraternita di sant’Antonio con la cappa.
Di pomeriggio, invece, inizia la processione del Santo con la Madonna delle Grazie, che percorre le vie cittadine dove i fedeli per ex voto omaggiano il Santo di provole, tovaglie d’altare e banconote. I fuochi d’artificio e lo spettacolo canoro chiudono la festosa e indimenticabile festa.
Un tempo si era soliti distinguere i portatori in due diversi gruppi: “moderati” e “arrabbiati”, o rispettivamente la “classe degli armentisti e dei lavoratori braccianti agricoli e la classe degli artigiani e muratori”; l’appartenenza all’uno o all’altro dipendeva dalle proprie caratteristiche (altri storici parlano dei portatori che abitavano nel quartiere San Nicola e quelli del quartiere San Giacomo).
Già alle ore 18 circa, piazza San Giacomo è gremita di gente, giunta anche da molto lontano per assistere alla suggestiva ed affascinante festa, divenuta unica nel suo genere.
Lo scampanio delle campane, e la visione del fercolo che già da qualche ora ondeggia come se il Santo aspettasse il momento opportuno per uscire, annunciano ai numerosi fedeli che la processione sta per avere inizio.
É difficile per un capitino descrivere a parole o spiegare, in particolare ai forestieri che vi assistono per la prima volta , cosa stia succedendo.
L’esortazione unanime e corale dei portatori “ Vogliamo Dio che è il nostro Padre, vogliamo Dio che è il nostro re – VIVA DDIU E SAN JAPICU”, le note del “Piave” intonate dalla banda musicale della città, il Santo in mezzo alla gente, lo sparo dei fuochi d’artificio: eccoci entrati nel vivo della festa! Finiti gli spari, immediatamente come un cavallo in corsa, il fercolo scende lungo gli scalini della Via Progresso, imbocca a destra la Via Roma ed arriva in un attimo in Piazza Rivoluzione dove avviene la prima sosta, proprio davanti la chiesa di San Bartolomeo Apostolo.
Dopo un lungo tragitto, che lo porta a percorrere la Via Fontanella, Piazza degli Olmi e Via San Giovanni, il fercolo giunge in uno spazio aperto, dislocato all’entrata del paese e chiamato “Aria Pirciata”.
Qui il Santo viene poggiato su due pietre forate di forma quadrata; da questo particolare deriva il nome di “Aria Pirciata”. L’aia era un grande spazio aperto esposto alla tramontana dove venivano “pisati i regna di framientu”. Era una delle più grandi aie della città.
Tutto lo spiazzo a causa della presenza delle pietre forate viene denominato “Pirciata”.
Ripartendo “dall’Aria Pirciata”, la processione sale lungo la Via Libertà, dove non è raro scorgere qualcuno che dal proprio balcone lancia al Santo un po’ di frumento o dei “biffiri”, oppure appende qualche provola di caciocavallo; la vara sosta davanti la chiesa di San Leonardo e poi riparte fino ad arrivare in Piazza Miracoli dove la festa raggiunge il suo momento più significativo.
Per un attimo i portatori si fermano al centro della piazza per ricevere la benedizione dall’Arciprete con la venerabile reliquia del Santo Apostolo, quindi il suono della campanella aggitata dall’Arciprete stesso, dà inizio alla fase dei miracoli.
I portatori si lanciano con impeto e con tutto il peso della vara in avanti contro “u muru di San Japicu”, colpendolo con “i barredda” ripetutamente, fino a farlo cadere.
I colpi inflitti al muro vengono detti “miraculi” .
Un tempo i portatori si suddividevano in arrabbiati e in moderati: di conseguenza un gruppo spingeva verso destra e l’altro verso sinistra, dando così l’impressione che da un momento all’altro la vara stesse per cadere.
Terminati i “Miracoli” il Santo raggiunge la Chiesa Madre dove si effettua un’altra sosta.
Uscendo dalla chiesa Madre, la processione, tocca la piazza Collare di Ferro, davanti la chiesa di Sant’Antonio Abate, attraversa la Via Vespri fino ad arrivare in Piazza Mercato.
L’arrivo davanti alla chiesa della Madonna delle Grazie è caratterizzato da un’ulteriore sosta alla quale si aggiunge la successiva in località Calvario o Tre Croci. Si ritorna in Via Roma, dove si eseguono i fuochi d’artificio; da qui si raggiunge nuovamente Piazza Umberto I davanti la chiesa di Maria Santissima Annunziata (Camera del Lavoro).
Il corteo compie una deviazione lungo la salita di Via Bandiera per un’altra sosta e saluto alla chiesa di San Sebastiano Martire.
Infine, sempre in corsa, il Santo rientra nel suo Santuario, condotto da portatori ormai stanchi e svigoriti, sulle note della marcia del “Piave”, tra gli applausi, il “Viva Ddio e San Japicu”e le grida generali.
I portatori baciano e abbracciano il Santo, dopo un lungo e faticoso cammino, concludendo così la gioiosa, trascinante e spettacolare festa.
Anche se ad alcuni lo svolgimento della festa potrà sembrare ridicolo e certi comportamenti appaiono barbari e rozzi, tutto ciò che veramente conta è che nel popolo capitino traspare la fede autentica verso un grande Apostolo, una fede e una forza d’animo che soltanto chi è o riesce a sentirsi “vero cap
In Capizzi per le festività di San Giacomo, vi era e vi è tuttora un’importantissima fiera, rinomata in tutta la Sicilia. In tempo, ormai passati, la fiera durava tre giorni: dal 21 al 23 luglio. Il giorno 22 luglio aveva luogo la “Fiera Piena” che occupava Piazza del Mercato e tutte le pendici adiacenti, ormai scomparse per la nuova urbanistica.
E’ interessante tener presente che fino al 1970, tutti gli animali, bovini ed equini, erano accompagnati da un certificato anagrafico.
Oltre al certificato anagrafico, sull’animale veniva impresso un marchio a fuoco sulla spalla sinistra da parte dell’ufficio anagrafe bestiame del Comune, mentre altro marchio veniva impresso da parte del proprietario sulla natica destra.
Il certificato anagrafico accompagnava l’animale dalla nascita alla morte.
Infatti, quando un acquirente comprava un animale, bovino o equino, avveniva il passaggio di proprietà, che veniva registrato sul certificato anagrafico stesso.
Il nuovo padrone a sua volta tornava a marchiare l’animale con il suo “Marchio di famiglia”, e questo avveniva il giorno 23 luglio, “Giorno della Consegna”.
Un altro elemento importante della “Fiera” erano i Sensali – mediatori, ormai scomparsi.
Erano persone abilissime, che riuscivano a mettere d’accordo venditore e compratore. A negozio concluso, al Sensale spettava la percentuale.
Al centro di questa giornata, 22 luglio, c’è la processione del “Vessillo”, donato da Pietro II di Aragona ai capitini.
Pietro II d’Aragona, con un suo regio decreto, dichiarò esente da tassa l’ingresso alla Fiera di Capizzi, e quale segno di questo grande privilegio, donò alla Città il “Vessillo” con il suo stemma.
I Capitini in segno di gratitudine per sì grande concessione, ogni anno durante la festa di San Giacomo, e precisamente il 22 luglio, portavano in solenne processione fino al Castello il Vessillo.
La Processione si svolge in due momenti. Di mattina alle 10:30 circa, la solenne processione con il Vessillo, accompagnato dalle autorità religiose e civili, dalla confraternita di S. Giacomo e con la partecipazione della cittadinanza, parte dalla Chiesa Madre e, percorrendo la Via Vespri, dopo aver attraversato la Piazza, entra nel santuario del Protettore San Giacomo.
Dopo una breve sosta dinanzi alla statua del Santo, la processione riparte e, attraversata la Via Bandiera, s’inerpica fino ai ruderi dell’antico Castello Aragonese.
Qui l’Arciprete consegna il “Vessillo” alle autorità civili che con queste parole: ” Consegno questo real vessillo aragonese prezioso ricordo del XII secolo.
Custoditelo tutt’oggi lungo i ruderi del vetusto castello, antica dimora di Pietro d’Aragona II.
Stasera lo consegnerete al rappresentante l’autorità civica di quest’aurea Città per condurlo nella Parr.le Chiesa di San Giacomo in memoria di una antica concessione”.
Il vessillo viene issato sull’apposita piattaforma, dove sventolerà tutto il giorno. A sera alle 17:30 circa, le autorità civili e militari partono dal Municipio e, percorrendo lo stesso itinerario del mattino, riportano il vessillo nella Chiesa di San Giacomo e lo consegnano all’Arciprete.
Esso viene issato sul campanile, dove sventolerà per tutti i giorni della festa.
Il 24 luglio, vigilia del giorno festivo, è una giornata di preparazione alla grande solennità in onore del Santo. Anticamente era un giorno di “penitenza”. La sera ha luogo la processione delle “Reliquie”, con la partecipazione della Confraternita di S. Bartolomeo, della Confraternita di S. Giacomo e dei Cittadini, la processione delle reliquie si svolge dalla Chiesa madre al Santuario di S. Giacomo. Le reliquie racchiuse in un artistico e antico cofanetto dono dei Santi: San Giacomo AP., S. Nicolò di Bari, Santa Lucia, S. Sebastiano, S. Antonio Ab., S. Antonio di Padova, S. Bartolomeo, S. Giovanni, e un frammento del Vero legno della ss. Croce. All’arrivo della processione delle Reliquie, seguono i primi Vespri, in forma solenne, in onore di San Giacomo.
Il 25 luglio, solennità di S. Giacomo, è caratterizzato dalla messa solenne a cui partecipano le Autorità religiose, civili e militari, la Confraternita di S. Giacomo e il devoto popolo capitino.
Al termine della S. Messa, in processione, la banda musicale e molti cittadini accompagnano nelle rispettive abitazioni l’Arciprete, il Sindaco ed il presidente pro-tempore dei festeggiamenti. Il “VIAGGIO” DI SAN GIACOMO La devozione che commuove maggiormente è il “Viaggio” di San Giacomo.
Quest’antica tradizione consiste nel percorrere a piedi scalzi il lungo tragitto che il santo il giorno 26 luglio, sorretto a spalla dai suoi devoti, compie per le strade del centro e la periferia del Paese. Per tutto il percorso del “Viaggio” devoti e devote, pregano con certe formule tradizionali, che si tramandano da una generazione all’altra, e recitano il santo Rosario.
Oggi questo “Viaggio” è meno faticoso che in tempi passati e cioè quando le strade di Capizzi coperte da un ruvido selciato e con interminabili gradini erano disseminate di ghiaia e ciottoli.
Durante questo “Viaggio” non era raro scorgere piedi nudi sanguinare.
Inoltre a questo “Viaggio” si aggiungono altre forme di devozione tradizionali come digiuni, mortificazione e generose elemosine in onore del Santo.
E’ doveroso far risaltare che mai un Capitino bestemmia o pronunzia con irriverenza il nome di San Giacomo!
Non puoi copiare il contenuto di questa pagina